World Quest: La notte più buia
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[WORLD QUEST] La notte più buia…
Prologo
Il Necromante brandì la pesante spada fronteggiando il basilisco, era enorme davanti a lui, menò due fendenti ma andarono a vuoto e la bestia si lanciò in avanti spalancando le fauci.
La mossa fu istintiva, Tourach alzò il braccio che reggeva lo scudo per difendersi e librò contemporaneamente la spada verso il collo del mostro.
Le fauci spalancate dell’enorme serpente si chiusero sullo scudo dell’uomo come un spasmo incontrollato conseguente alla lama che le si conficcava sempre più e recideva i tendini e la vena giugulare, la potenza di quel morso era tale che troncando lo scudo si portò seco anche la mano che lo impugnava.
Tourach cadde sulle ginocchia in preda ad un dolore lancinante, ritirò il braccio e solo a quel punto realizzò che la sua mano era rimasta tra le fauci del mostro ormai esanime.
Il veleno del basilisco si stava già facendo strada nel suo sangue, la vista si affievolì e sentì la testa diventare pesante e chiuse gli occhi alla luce del tramonto.
Le voci della foresta, che fino ad un minuto prima erano assordanti si tacquero d’improvviso, si levò un vento forte che portava nuvole nere e minacciose, in balia di quella brezza v’era il corpo dell’uomo, che morente giaceva su un mucchietto di foglie e sterpi, come un fagotto di stoffe sulla bancarella del mercato di Moonglow.
Si fece buio, come se la notte fosse giunta in anticipo rispetto al solito, d’intorno continuava imperterrito quel silenzio che appariva quasi irreale che però con la stessa rapidità con il quale giunse svanì quando un rumore quasi indistinto cominciò a farsi udire: era uno squittire insistente, uno scalpiccio rapido e nervoso, un topo, poi un altro ed un altro ancora giungevano nei pressi del corpo di Tourach.
Decine e decine di ratti radunatisi attorno al corpo del sanguinante uomo, sembravano accorsi per presenziar nolenti ad un importante evento, quasi ubbidienti ad un impercettibile comando cominciarono ad afferrare i vestiti del malcapitato con i loro sottili ma resistenti denti e cominciarono a tirate tutti nella stessa direzione, trascinando il fagotto inanimato verso il folto della foresta.
Questione di pochi attimi e di Tourach non vi era più traccia.
Risveglio
Quando l’uomo aprì gli occhi si ritrovò al buio, un buio completo, perfetto, e d’intorno non si udiva alcun rumore, salvo un lento gocciolare d’acqua in lontananza, sbattè le palpebre per abituarsi al buio e gli parve di intravedere una sagoma immobile accanto al suo giaciglio.
Tra le molte domande che in quel momento lo attanagliavano, solo una prese lucida forma nella sua confusa mente, “Dove sono”, si chiese mentre si sforzava di aguzzare gli occhi per vedere chi gli stesse vicino.
Tutto era vano, la forma scura era silenziosa e immobile, pareva non respirasse, l’unica cosa certa era la sagoma, che anche nell’ombra aveva sembianze umane.
Tourach gridò, o per lo meno cercò di farlo, dalla sua gola secca uscì un rantolo, una voce labile: “Dove sono? Chi sei?”. L’ombra non rispose ma sollevò una lanterna e la posò su di un masso li vicino, dandole fuoco.
Il chiarore vivido della fiamma illuminò la scena, in quei momenti anche una banale e comune fiaccola acquista significato ed il solo bagliore permise all’uomo di tirare un piccolo sospiro di sollievo, quella luce espose alla vista una caverna molto spaziosa dalle levigate pareti circolari interamente coperte di umidità e licheni, e nelle zone meno illuminate, vi erano decine e decine di ratti grigi e irsuti che con occhi rossi, scrutavano immobili e silenziosi Tourach.
La sagoma, a conferma di quanto immaginava, si rivelò quella di un uomo, o perlomeno ne aveva la corporatura, era vestito con un mantello dal largo cappuccio nero come l’ebano fissato da una gemma rossa all’altezza del collo.
Sotto al cappuccio, lo sconosciuto, indossava una maschera di strana fattura, Tourach non riconobbe cosa essa rappresentava, aveva un’espressione della bocca divisa esattamente a metà, il lato sinistro pareva essere una smorfia, fatta in modo tale che chi l’osservasse da quel lato percepiva un sorriso beffardo, la parte destra invece rappresentava un ghigno feroce.
Alla cintura lo sconosciuto portava una coppia di sonagli d’argento, piccoli campanelli come quelli che si usano per far divertire i bambini e che si legano al collo delle capre al pascolo, però quei sonagli non emettevano alcun suono, erano muti come il loro proprietario.
Tourach riprese fiato e formulò un’altra domanda rivolgendosi allo sconosciuto: “Mi hai sottratto alla morte, perchè?”
Lo sconosciuto rise, non era una risata non benevola ma piuttosto di scherno o dileggio, e infine, dopo un momento di silenzio , parlò.
“Aspettavo qualcuno come te, Tourach” disse il mascherato individuo, mentre il sempre più confuso uomo rimase stupito del fatto che quello sconosciuto conosceva il suo nome, “aspettavo qualcuno che fosse in grado di ricoprire per me un delicatissimo incarico”, continuò…
Tourach sentì una fitta dolorosa al braccio sinistro e si ricordò della sua povera mano, osservò il moncherino e vide che la ferita era del tutto cicatrizzata ricoperta da uno strato di pelle completamente nera, di certo l’effetto del veleno del basilisco.
“Beh”, sbottò Tourach, “se hai un incarico per me fa che sia leggero, come vedi ho appena perso una mano, quindi non mi sento molto adatto per gli incarichi pesanti” e tentò di abbozzare un sorriso molto ironico.
Lo sconosciuto si avvicinò a lui, gli prese il braccio con forza e se lo portò vicino alla bocca, soffiò delicatamente sulla parte amputata e dalla sua bocca uscì una nuvoletta di fumo nerissimo, quando il fumo si fu diradato Tourach si sentì gelare il sangue nelle vene.
Attaccata al suo braccio sinistro c’era una mano nuova, esattamente uguale a quella divorata dal basilisco ma completamente nera e lucida, pareva fatta di onice, anzi di nero legno d’ebano, di quel legno pregiato che si trova presso i migliori commercianti di anticaglie.
Timidamente mosse le dita della mano nuova scoprendole elastiche e robuste, sensibili ma fredde al tatto, raccolse una piccola pietra e se la girò fra le dita, stupendosi e meravigliandosi, preso dall’emozione strinse un po’ di più il pugno e senza volerlo sbriciolò la pietra in polvere finissima.
Rinvigorito da una nuova energia, Tourach balzò a sedere: “Chi sei, stregone?”, chiese quindi, “che prodigio è mai questo?”.
“Tourach” gli disse lo sconosciuto “semmai il prodigio è che tu non sei morto al veleno del basilisco… non credi?”
Solo allora Tourach realizzò appieno ciò che gli era accaduto e capì che colui che gli stava di fronte non poteva essere un semplice stregone, ma doveva per forza essere qualche cosa, o qualcuno di molto più potente.
Davanti all’ignoto anche il più impavido dei cavalieri deve piegarsi, lo stesso fece Tourach, che, pensando al da farsi si isolò per un lunghissimo istante, calò nuovamente un innaturale silenzio che ben presto venne interrotto da soffocato suono che rimbombava a distanza.
I topi continuavano a guardarlo silenziosi e circospetti, mentre la luce della lanterna gettava ombre bizzarre sulle volte lontane del soffitto.
Lo sconosciuto trasalì in una nuova malevola risata al cui suono quei topi si ritrassero nell’oscurità, facendo vibrare i baffi e strizzando gli occhi rossi, sempre puntati su Tourach.
“Vedi, Tourach, io ti osservo da molto tempo, ti seguivo di nascosto quel giorno lontano in cui prendesti il tuo Codex alla Città dei Morti… Ti ho visto usare le arti necromantiche per procurarti piccoli e facili guadagni… Ti ho osservato mentre rapinavi i viaggiatori sui sentieri delle Terre Perdute… Quando, nelle bettole di Trinsic, truccavi le carte per vincere la posta in gioco e anche quando trucidavi violentemente chi per te era d’impiccio o nemico… Dimmi la verità, non sei stanco della tua povera e triste vita? Tu che brami così tanto il potere?”
Tourach era senza parole, quello sconosciuto pareva sapere tutto del suo passato e la cosa non gli piaceva per niente, si sentiva messo a nudo, vulnerabile e molto a disagio.
Quel sentimento di devozione e gratitudine per avergli salvato al vita iniziava a lasciare il posto a circospezione e preoccupazione.
Lo sconosciuto si alzò, gli fece un breve cenno con la mano e lo invitò a seguirlo lungo uno stretto corridoio.
Dopo il combattimento con il basilisco quella era la prima volta che Tourach si alzava in piedi, prevenuto pose i piedi a terra tenendosi con forza al giaciglio in cui era steso, ma alzatosi si scoprì sovente pieno di forze.
Il corridoio scendeva con una lieve pendenza e man mano si allargava, era malamente illuminato da alcune torce conficcate nel muro e ciò che si avvertiva era che la volta, sopra le loro teste, si stava piano piano alzando, fino a diventare troppo lontana per poterla vedere, e, dopo aver attraversato un piccolo antro, giunsero ad un massiccio portone di quercia, chiuso da pesanti lucchetti e sbarre d’acciaio brunito.
Lo sconosciuto fece un cenno con le dita ed i lucchetti magicamente si sciolsero, le sbarre scivolarono di lato ed il portone, cigolando, si aprì.
Un bagliore accecante uscì dalla stanza che si celava dietro al portone: era una stanza immensa, con la volta di pietra e la pianta rotonda, sostenuta da pilastri dorati. Ovunque, a perdita d’occhio, giacevano immense ricchezze, monete d’oro, pietre preziose, stoffe colorate e barili di liquore pregiato.
Lungo le pareti erano agganciate alle rastrelliere armi di ogni tipo, con le else incastonate di pietre preziose e lame affilatissime, armature nere e scintillanti e selle borchiate da battaglia.
Tourach accarezzò con gli occhi quella ricchezza senza limiti e sentì il suo cuore riempirsi di cupidigia.
Lo sconosciuto riprese a parlare, come a continuare il discorso di prima: “Siccome il tuo compito non sarà facile, qui potrai trovare alcune risorse utili allo scopo, sempre che tu decida di accettare l’incarico che sto per proporti…”
Tourach lo fissò con fare interrogativo e lo sconosciuto rispose alla sua domanda inespressa.
“Anche io, come te, non sono che uno strumento, mio caro Tourach, mio padre ha deciso di servirsi di me, come io dovrò servirmi di te, ma avremo tutti lo stesso scopo e cioè impadronirci del mondo che ci hanno tolto. Tu sarai il mio braccio nelle terre dei viventi, ove io non posso avventurarmi giacché ne fui bandito, ed una volta che la tua missione sarà compiuta, sarai tu a riaprire la breccia dalla quale io potrò finalmente fare ritorno. Se accetterai questo incarico, io ti porterò molto, molto lontano… Le terre dei vivi, dove regnano le Fazioni e la Gilde, si stanno pian piano restringendo, la civiltà si è già ritratta da molti territori, come Trinsic e Vesper.. Altri territori sono stati poi abbandonati a se stessi dopo i cataclismi che li hanno stravolti, come Ke’lithil e Puerto Vejo… Man mano che i confini del mondo abitato si restringono, i confini del nostro regno si allargano di conseguenza sarai tu a riempire il vuoto lasciato dalla civiltà
Sarai tu a conquistare quelle terre con il mio…anzi, con il Tuo Esercito! La tua nuova mano diventerà il tuo simbolo di potere e distruzione.. Tourach, vuoi tu accettare il potere?!”
Tourach era davvero confuso, non credeva ai suoi occhi, le ricchezze ai suoi piedi erano così tante che persino per il più rapido degli economi risultava difficile calcolarne con la mente il valore…
“Anche il più integro degli uomini vacilla davanti a tutte questo> pensò, poi lampi di ragione portarono i suoi pensieri a chiedersi nuovamente chi fosse quello sconosciuto dalla strana maschera, e per quale motivo fosse stato scelto proprio lui…
Lo sconosciuto gli si parò innanzi, ghignò e mettendogli una mano sulla spalla, disse spavaldo: “Tourach, ti ho strappato dalla morte per servirmi, se accetti avrai queste ricchezze ed altre ancora più grandi, ti darò potere e fama al di sopra di ogni altro!”, quindi aggiunse accentuando il malefico ghigno:” Se rifiuti vorrà dire che ti restituirò semplicemente alla morte, a cui già appartenevi, tu ormai sei legato a me”.
Il misterioso personaggio proruppe in una beffarda e crudele risata e dalla mano d’ebano di Tourach divampò un’onda di calore che saliva prima verso il braccio per poi espandersi verso tutto il resto del corpo; La vista di Tourach si annebbiò, sentiva dentro di se come un fiume di lava bollente che fluiva nel suo corpo, ben presto il dolore minò il suo equilibrio e lo costrinse ad inginocchiarsi in preda a dolore lancinante. Quella mano, che fino a poco prima gli sembrava essere un miracolo, una benedizione, una nuova speranza ora era il suo peggiore incubo, l’uomo sentiva che da essa dipendeva la sua vita, il fiato si fece corto e le tenebre attorno a lui crebbero, quella fine che aveva provato già una volta si riproponeva lasciandolo mesto in preda al più nero dei timori.”A..a..accettoooo, ACCETTO!”“ pensò di gridare Tourach con quanto più fiato aveva in corpo, pieno di rabbia e dolore, ma un flebile bisbiglio sfiorò le sue labbra prima che crollasse al suolo come un albero abbattuto dal vento.
Una nuova vita
Al suo risveglio, Tourach, si ritrovò madido di sudore, le vicende accadute pensava fossero soltanto un terribile, realistico incubo. Non sapeva di aver dormito a lungo, attorno a se trovò di nuovo fitta oscurità, leggermente disturbata da la fioca luce di una torcia. In lontananza sentiva dei tuoni ed uno scorrere d’acqua probabilmente proveniente da uno stretto fiumiciattolo sotterraneo presente a poca distanza.
Preso da nuovo ansimare, Tourach si voltò su un fianco ed allungò la mano, confidava di dare risposta ai suoi dubbi, un sottile speranza che lo spingeva a crederci, finché la vide, nera, sinistramente brillante nel buio, la mano d’ebano era nuovamente una realtà.
Con camminata scomposta raggiunse ed afferrò la torcia, la alzò sopra la testa ed illuminò un po’ di più la stanza: era svenuto proprio sopra ad un cumulo di monete d’oro, che al suo movimento tintinnarono scivolando di lato.
La paura lasciò presto spazio all’avidità, Tourach sorrise ed affondò una mano nel mucchio e ne raccolse una manciata per poi farla ricadere tintinnando, scoppiò in una profonda risata che rimbombò nell’antro, rivelando una sottile nota di pazzia incombente, o forse di feroce determinazione.
D’un tratto vide spalancarsi l’unica porta ed entrare un uomo molto alto, robusto, di razza Barbarica che era vestito di maglia di ferro e sulla schiena portava seco un’ascia da battaglia di metallo nero e lucente.
Subito Toruach si mise sulla difensiva, quel tesoro lo considerava ormai suo e sarebbe stato disposto a tutto pur di proteggerlo, fece per avventarsi contro il nuovo entrato quando scorse un gesto di riverenza totalmente inaspettato da parte sua, un inchino, Tourach si fermò e prese a sbraitare ”Chi sei? Identificati”.
Il barbaro non pronunciò verbo, rovistò nella piccola bisaccia che portava al fianco e ne tirò fuori una pergamena, che subito porse a Tourach; Nell’afferrarla, l’uomo non poté fare a meno di notare che anche la mano del barbaro che reggeva la pergamena era nera come la sua, della stessa materia lucente.
Incuriosito Tourach aprì rapidamente il rotolo e vi lesse:
“Visto che accetti l’incarico, riferirò a chi mi manda di poter contare su di te, non temere, non sarai mai solo, e noi veglieremo sui tuoi passi.
Per prima cosa brucia il Codex Damnorum, e poi segui il barbaro, si chiama Gaewalt, e ti servirà come un figlio, conta pure su di lui come su te stesso.
Lui ti accompagnerà all’accampamento, da li inizierà la tua avventura.
Se avessi bisogno di aiuto, o di consiglio, forse potrei nuovamente scomodarmi e venirti incontro, ma non farlo inutilmente, io come te, d’ora in poi, avremo molto da fare.
Buona fortuna, mio servitore.
Loki”
“Loki!?” esclamò tosto Tourach che finalmente poté capire i prodigi a cui aveva assistito, ora sapeva che dietro a tutto c’era quel dio a cui più d’una volta s’era raccomandato mentre errante vagabondava per Sosaria, preso da inopportuna euforia prese a sorridere con più gusto, con molto più gusto e determinazione, e nei suoi occhi si accese una luce che non si sarebbe più spenta, per molto, molto tempo.
Seppur stranito per il strano fare dell’uomo, Gaewalt attirò nuovamente l’attenzione di Tourach indicandogli una grande cassa simile ad un sarcofago presente su un angolo buio di quell’umido antro, si avvicinò e con un gesto, Tourach, fece volare via come una foglia il pesante coperchio di bronzo che lo serrava.
Subito nella stanza divampò un bagliore che la illuminò a giorno, proveniva da una lucente armatura dello stesso colore della notte, vi era anche un enorme ascia anch’essa nera..
Tourach allargò le braccia e ogni pezzo di quella particolare armatura gli volo addosso, poi raccolse un mantello blu e lo indossò.
Il barbaro, senza emanare verbo a questo punto gli indicò la porta e Tourach lo seguì, uscirono dalla stanza e voltandosi chiuse con un semplice gesto, come in un incantesimo, la pesante porta di quercia che divideva quel buio corridoio con la stanza del suo prezioso tesoro.
I topi che pacatamente squittivano ordinatamente cominciarono a seguire i due uomini per la galleria fino alla superficie, d’un tratto si fermarono, come in attesa di un cenno, che tosto arrivò da Tourach ed emettendo un acutissimo squittio tornarono a rifugiarsi nelle ombra della notte.
I due camminarono per circa mezz’ora finché giunsero ad un accampamento militare, dove file di tende e di fuochi indicavano la presenza di un discreto numero di guerrieri la cui presenza era da forti risate e ebbri canti dentro alle tende.
Arrivando in prossimità del accesso, una sentinella si parò dinanzi con fare minaccioso ma vedendo il barbaro scorgendo quindi Tourach, si piegò immediatamente in un inchino di profondo rispetto
Raggiunto il centro del campo, il barbaro indicò a Tourach una tenda nera al centro dell’accampamento e Tourach vi entrò da solo, sedette ad un tavolino su cui poggiava uno scrigno e si levò l’elmo, facendolo fluttuare su un tavolo.
“Ero morto”pensò ”ora sono potente!”e con questo in testa accese una piccola lampada ad olio che illumino la spaziosa tenda attorno a lui, subito aprì lo scrigno che conteneva un libro vecchio, dalla copertina incisa con la stessa maschera indossata da Loki in quella caverna. Sui quattro angoli dorati erano dipinti i simboli dei quattro elementi completavano un rivestimento in pelle di Balron, che ben proteggeva le sottili pagine di pelle finemente lavorata sui bordi da piccoli disegni bluastri raffiguranti serpenti, ancore, calici, corni e sirene.
Nell’osservarlo meravigliato, Tourach notò che quelli non erano dei semplici disegni, erano dei tatuaggi, sfiorandoli con il dito capì che le pagine di quel libro erano si di pelle… ma di pelle umana tatuata, al ché proruppe in una malefica risata.
Tourach si immerse nella lettura al quale dedicò tutta la notte, era così estasiato da quanto aveva appreso che con un semplice gesto della mano fece sparire l’antico libro oscuro e con l’altro incendiò il suo vecchio Codex, pensando a quanto ormai fosse inutile.
Mentre guardava bruciare le pagine del Codex ripensava al potere celato nel libro che aveva appena letto, un altro Codex, sconosciuto ed arcano, che descriveva incantesimi di portata e potenza inimmaginabile, erano la summa necromantica e druidica, erano l’alfa e l’omega, terra aria fuoco ed acqua, fusi insieme e portati alla massima potenza.
Sprazzi di atroce baldanza gli fecero notare che sebbene non avesse dormito, non era affatto stanco, non aveva sonno, sentiva come un fuoco ardere dentro di se, una forza incredibile percorreva tutto il suo corpo. Tutto si sentiva, tranne che umano.
Oscurità
“Gaewalt!” urlò quindi chiamando il barbaro velocemente si presentò inchinandosi al suo cospetto, ”Vai la fuori e scegli uno tra quei briganti e assassini, prendi il più valoroso fra loro”.
Gaewalt tornò dopo qualche minuto, accompagnato da un grosso uomo dai lunghi capelli biondi che alla vista di Tourach si inchinò di scatto, temendo di incrociarne persino lo sguardo.
“Io sono Tourach, Signore supremo della Mano d’Ebano, vuoi far parte del mio esercito?”, di petto e senza alcun pensiero il muscoloso uomo biondo rispose, ”Si, mio Signore, sono qui per questo”.
“Bene, allora in segno di devozione e fedeltà prendi la tua spada e tagliati la mano destra, subito!”, l’uomo indugiò un istante, si fece coraggio, prese l’affilata lama e in un colpo netto si amputo l’arto sinistro, subito cadde a terrà in preda al dolore, tuttavia, con gelido cinismo esclamò ”Ecco mio signore, ma così, purtroppo, non sarò più utile al vostro scopo”.
“Ti sbagli” rispose Tourach d’istinto, ”da oggi non sei più un schifoso brigante, da oggi per la devozione a me dimostrata diventi un membro del mio esercito, ora vai!” e con un gesto fece spuntare una mano d’ebano anche a lui, l’uomo, incredulo s’inchinò e corse via osservandosi la nuova mano.
Tourach si girò verso Geawalt e lo prese per la gola stringendolo, il barbaro rimase immobile senza difendersi, pian piano il colore della sua pelle si scurì e strane rune rosso fuoco gli apparvero sul viso.
Poco dopo l’oscuro signore lasciò la presa, ”Ora che conosci il rito e hai il potere di eseguirlo vai e recluta un esercito, chi si rifiuta di farne parte uccidilo.” sbottò quindi in un risata incontrollata, poi concluse ” Manda degli esploratori a cercare una dimora degna di me, il mio esercitò sarà il più temibile che la storia di questo mondo ricordi”.
Un nuova giorno aveva fatto da poco capolino in Sosaria, ma qualcosa di terrificante quella mattina portava seco, l’inizio di qualcosa di terribile, qualcosa che gli ignari abitanti di Sosaria nemmeno potevano immaginare…